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Investimenti a prova di futuro: il capitale semantico ed il capitale relazionale

Se provassimo a chiedere a qualsiasi startup, manager, imprenditore qual è l'elemento più importante per la crescita della propria organizzazione, il più delle volte, la risposta sarà: il denaro.

 

Sia ben chiaro. Le startup, soprattutto nelle prime fasi, hanno bisogno di capitale ed investitori che portino sul tavolo concrete possibilità, così come, in generale, all’interno di ogni organizzazione la mancanza di capitale economico può costituire un grosso problema. 


Eppure il denaro non è l’unico capitale di cui fare tesoro per crescere, soprattutto in quanto non unica misura del “valore”.

 

Ognuno di noi è ben consapevole che lo scopo di ogni organizzazione è, semplificando al massimo, catturare, creare valore e consegnarlo ai clienti.  Ma come creiamo valore?

Con le idee, con prodotti/servizi innovativi, nelle relazioni, nei risultati che raggiungiamo e nella responsabilità di produrre quei risultati, con un team che risolve problemi, nella capacità di esecuzione...

 

Ma c’è di più. Come afferma Peter Thiel, l’imprenditore statunitense cofondatore di Paypal ed autore del celebre “Da Zero a Uno”, “nel mondo reale al di fuori della teoria economica, ogni azienda ha successo esattamente nella misura in cui fa qualcosa che gli altri non possono fare”. 

 

In questo nuovo mondo, dominato dall’Economia della Conoscenza o meglio dall'Economia basata sulla Conoscenza, il nuovo unfair advantage (un vantaggio ingiusto, ovvero che non può essere facilmente copiato o acquistato, come lo definisce Ash Maurya) è rappresentato dalla velocità e capacità di apprendimento. Perchè un unfair advantage? Perchè conoscenze, la capacità di comprendere un problema, saper innovare più velocemente di altri, la capacità di trovare una soluzione a un importante problema del cliente, il modo in cui un nuovo prodotto o servizio viene venduto e consegnato, la rete di clienti e partner che costituiscono il nostro ecosistema, un team da favola con menti brillanti, sono elementi che all’interno della nostra organizzazione creano valore e fanno la differenza.

 

Per questo, oltre al capitale economico, entrano in gioco due dimensioni fondamentali: il capitale semantico ed il capitale relazionale, entrambi complementari o quanto meno definibili come un sottoinsieme del più citato “capitale intellettuale” che costituisce il valore immateriale di un'impresa che comprende persone (capitale umano, quale complesso di competenze, abilità, conoscenze, capacità, motivazioni, esperienze e motivazioni delle persone) e tutto ciò che rimane quando queste persone tornano a casa (capitale strutturale, il saper fare). 

 

Osserviamoli meglio insieme.



Capitale relazionale

 

Uno dei beni più preziosi che un'organizzazione ha sono le sue relazioni. La rete di persone e organizzazioni rappresentata dai nostri clienti, partner, fornitori e dipendenti, ecc., arricchisce il nostro capitale di relazione e ricopre un’importanza strategica per la nostra organizzazione. 

 

Perché è importante investire e creare relazioni di qualità?



  • Relazione significa possibilità di conoscenza ed accesso ad informazioni rilevanti (dati sui clienti, interessi, bisogni, know-how...)
  • Fiducia e credibilità (What else?)
  • Creazione di una solida community (+ persone + conversazioni + interazioni) 
  • Una relazione importante con i nostri clienti, partner e fornitore vuol dire scambio continuo di valore.
  • Una relazione forte è una solida barriera per clienti, fornitori e partner a passare alla concorrenza
  • Una relazione solida e sinonimo di diminuzione di costi di marketing e sviluppo aziendale (immaginiamo, ad esempio, quanto l'acquisizione di nuovi clienti sia più costosa che gestire i clienti esistenti)
  • Ci permette di identificare le minacce, i trend, le novità ed in cambiamenti in anticipo
  • Gestire il rischio e le fasi di incertezza in maniera distribuita sull’intero ecosistema.
  • Dipendenti più felici e facilità ad attrarre a sé nuovi talenti.
  • Vuol dire strutturare un ecosistema più solido e differenziato per sviluppare nuovi prodotti e/o processi (ricordiamo come la Toyota abbia investito nei partner per rinforzare la propria capacità di creare valore)




Il capitale semantico



La definizione illuminante è del grande professore Luciano Floridi, professore di Filosofia ed Etica dell’Informazione alla Oxford University, il quale all’interno delle sue opere “Pensare l'infosfera. La filosofia come design concettuale” e “Il verde e il blu. Idee ingenue per migliorare la politica”  lo definisce come la “chiave di volta per venire a capo della questione delle competenze di nuova generazione”.

 

Cos’è, dunque, il capitale semantico?

 

Il capitale semantico è ciò che usiamo per dare significato e senso in realtà che ci circondano”. 

 

In un precedente articolo abbiamo provato a definire le nuove sfide dell’uomo per riscoprire la sua unicità, in un mondo complesso, dove corpi, oggetti, dati tecnologie sono interconnessi. 

 

Gran parte di questa sfida passa per la nostra capacità di acquisire capitale semantico.

 

Perché abbiamo bisogno del capitale semantico?



Dare significato e senso ad un oggetto e al relativo contesto in cui ci troviamo, vuol dire agire partendo dal perchè (Sinek ci ricorda sempre come “le persone non comprano ciò che fate, ma il motivo per cui lo fate”, ovvero invertire la consuetudine del chiedersi “cosa facciamo” per interrogarsi continuamente sullo scopo che persegue la nostra organizzazione)

 

Dati ben strutturati: Comprendere i dati è divenuta una delle chiavi per raggiungere il successo, a condizione che oltre ad acquisire una mole enorme di dati sviluppiamo la capacità di interpretarli nel modo corretto.

 

Esperienze high touch: ovvero sviluppare la capacità di dare ai nostri clienti esperienza che creano valore. Ovvero trovare una nuova strada per arrivare al cuore, alle reali esigenze di chi stiamo servendo, fornire qualità, non solo economicità e rapidità. L’esperienza per un cliente non è un semplice scambio dare avere. E’ emozione, è coinvolgimento, è sfida, ha un significato, è una storia ed un percorso a tappe.

 

Migliorare le competenze trasversali: oltre le competenze tecniche e complementari ad esse, sarà di fondamentale importanza accrescere la capacità di interagire e lavorare con gli altri, la capacità di risoluzione di problemi, creatività, pensiero critico, consapevolezza, resilienza e capacità di affrontare la complessità. Imparare a gestire, leggere ed interpretare le emozioni, la capacità di contestualizzare ed essere creativi.

 

Migliorare l’intuizione: ovvero la capacità di comprendere o conoscere qualcosa immediatamente in base ai nostri sentimenti senza bisogno di affidarsi al solo ragionamento logico-analitico. 

 

Investimento nel lungo periodo per imparare ad imparare: se nel passato la vita è stata divisa in due parti principali: un periodo di apprendimento, seguito da un periodo di lavoro, oggi siamo costretti a continuare ad imparare durante tutta la nostra vita e, sempre più spesso, a reinventarci ripetutamente, cambiando professione, luogo di lavoro, tipologia di attività e settore. Più capitale semantico accumuliamo, più avremo capacità di imparare ad imparare.

 

Costruire nuove conoscenze ed imparare a gestire le informazioni, ad a costruire nuovi modelli concettuali,  imparare il linguaggio delle informazioni (notazionale,  costitutivo, calcolativo)

 

Risolvere problemi aperti: ovvero montare e smontare i problemi formulando domande giuste e imparando a fornire risposte giuste.


 

Come abbiamo potuto osservare, il ruolo degli “intangibili” si è evoluto ed ha assunto, un’importanza fondamentale all’interno dell’organizzazione, trasformandosi, come afferma il prof. Marco Giuliani, da risorse needed to win, ovvero elementi necessari per dominare il mercato, in risorse needed to play, cioè elementi aziendali la cui corretta gestione è fondamentale per la sopravvivenza della nostra organizzazione.



Siamo innovatori, imprenditori, manager, startupper, progettisti, comunicatori, designer, developer. Eppure non siamo definiti per il ruolo ma per le relazioni che siamo in grado di generare. Un algoritmo elabora ed impara. Un uomo non finisce mai di conoscere se fa suo il desiderio di comprendere.

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