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Raggiungere gli obiettivi? Con le parole saremo tutti bravi...

In questo articolo imparerai a conoscere:
come, utilizzando alcuni principi di design thinking, possiamo smettere di desiderare ed iniziare a fare.

Perché leggerlo:
per scoprire come possiamo costruire un buon approccio alla risoluzione dei problemi

Cosa lo ha ispirato:
il riff di Baba O'Riley dei Who

In questi giorni ci è capitato tra le mani un libro (di qualche anno fa, ma sempre attuale) “The Achievement Habit” del professor Bernard Roth, direttore accademico e cofondatore della D.School della Stanford University.

Nel corso dei suoi studi e dei diversi anni di insegnamento, applicando i principi del design thinking, il professore, originario della Grande Mela, ha elaborato un metodo davvero efficace per iniziare ad essere maggiormente produttivi sia nella vita che nel lavoro.

Condividendo nel suo libro le proprie esperienze personali e le storie dei suoi studenti, Roth sottolinea che se abbiamo l'intenzione di fare qualcosa dobbiamo non solo dargli l'attenzione che richiede, ma , soprattutto, lavorare sull’elemento principale che si frappone tra le persone e il successo: noi stessi.

Nella maggior parte dei casi, le ragioni che assegniamo a determinati eventi sono in realtà solo correlazioni, non causalità. Occorre quindi smettere di cercare ragioni ovunque, che ci impediscono di prendere decisioni e cambiare effettivamente il nostro comportamento con piccole abitudini quotidiane che molto spesso partono anche da singole parole e frasi. Basta una semplice formula e possiamo rapidamente ed in modo permanente produrre cambiamenti significativi ed introdurre nella nostra vita comportamenti positivi. Vediamo come.


Invece di dire "devo" è opportuno dire "voglio"

La frase da eliminare nella lista secondo Roth è "devo",  frase che imposta una sorta di conflitto nella nostra mente. A titolo di esempio, Roth scrive di uno studente di ingegneria che è in ansia perchè ha bisogno di superare un difficile corso di matematica per completare la sua laurea. Dicendo a sé stesso "devo" prendere, egli definisce la situazione come un peso nella sua mente. E 'vero che egli non può essere felice di quel particolare corso, ma Roth suggerisce che semplicemente sostituendo "devo " con "voglio", la sua mente farà cadere la sua paura e le emozioni negative che ne scaturiscono, farla sembrare meno pesante, e trasformarla in un atteggiamento positivo per guardare al futuro, perché lo porta un passo più vicino a diventare ciò che vuole essere: un ingegnere.


Invece di "MA" usare "E"

"Ma" è probabilmente la parola più limitante nel nostro vocabolario, soprattutto se ci capita spesso di usare “ma” al posto di “e”. Questa sostituzione sta diventando così comune da sembrare addirittura corretta. Purtroppo per noi l'avversativa ha l'effetto di modificare una dichiarazione neutra in una negativa.
"L'uso di 'ma' chiude lo spazio conversazione, mentre 'e' lo apre. "Quando si apre il dialogo con 'e ed un’azione collegata,' il cervello arriva a considerare il fatto che si prendono in considerazione entrambe le parti della frase.

Invece di "non posso" iniziamo ad usare "non vorrò"

Un'altra parola no per Roth è dire "non posso." Quando affermiamo che "non possiamo fare qualcosa, ad esempio quando qualcuno afferma "non so nuotare", manteniamo viva l’idea nella nostra mente l'idea che non è possibile farlo. Se " impossibile' implica impotenza, 'non vorrò farlo” significa volontà e scelta". Ogni essere umano può imparare a nuotare. Semplicemente sostituendo "non posso" con "non voglio, non vorrò," la persona traduce la sua incapacità di nuotare in una scelta, non un'impossibilità fisica..

Invece di dire "Ho paura di" è preferibile "mi piacerebbe"

Un'altra frase autolimitante è "Ho paura di." "Ho paura di" riconosce la paura della persona, invece del suo desiderio. Dicendo ad esempio "ho paura di chiedere un aumento", si imposta la nostra mente a considerare già che la cosa potrebbe andare male se la si compie. Semplicemente cambiando la forma della frase in "mi piacerebbe chiedere un aumento," si sta riconoscendo un nostro desiderio, e il desiderio è di solito è associato con pensieri positivi e piacevoli.

Sostituiamo "aiutare" con "assistere"

La parola "aiuto" è spesso associata al concetto di "impotenza" nelle nostre menti. L'impotenza implica che non siamo in grado di realizzare qualcosa senza che qualcun altro intervenga a nostro favore. Il punto è che quando usiamo la parola "aiuto", abbiamo impostato la nostra mente sul fatto di considerarci impotenti. Tuttavia, se impariamo a sostituire la parola "aiuto" con "assistenza", chiediamo lo stesso una mano, ma poniamo noi stessi in una situazione paritetica e non subordinata non solo rispetto al problema ma anche nei confronti del nostro interlocutore.

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