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Le macchine non sanno il perché: il processo del sensemaking

Viviamo in un'epoca in cui l'intelligenza artificiale (AI) sta trasformando il mondo del lavoro e la gestione delle informazioni. Tuttavia, c'è una grande differenza tra il modo in cui le macchine elaborano i dati e il modo in cui gli esseri umani danno senso alle informazioni. La capacità di "comprendere" un contesto, attribuire significati e trarre conclusioni non è una prerogativa dell'AI. 

Le macchine, infatti, non sanno il "perché" delle cose.

 

L'AI non comprende, disegna probabilità

Uno dei principali limiti dell'AI è che non comprende realmente i concetti: analizza grandi volumi di dati, identifica schemi e genera previsioni, ma lo fa basandosi su correlazioni statistiche. Un modello di intelligenza artificiale non legge nel senso umano del termine, bensì calcola probabilità su quale parola, immagine o decisione sia più probabile data una serie di input.

Per esempio, un modello di AI che genera testi può prevedere quali parole hanno maggiori probabilità di seguire altre parole, ma non ha alcuna comprensione del loro significato intrinseco. Lo stesso vale per i modelli che generano immagini: disegnano rappresentazioni visive in base a pattern appresi, ma senza alcuna consapevolezza del contesto o delle emozioni che un'opera d'arte può suscitare.

 

Il sensemaking: il problema del contesto e del senso

L'essere umano, invece, ragiona in modo profondamente diverso. Quando ci troviamo di fronte a un problema o ad un'opportunità, non ci limitiamo a fare calcoli di probabilità, ma costruiamo significati. Questo processo è noto come "sensemaking", ovvero la capacità di dare senso a situazioni complesse, integrando diverse fonti di informazione e considerando vari livelli di interpretazione.

Il sensemaking è fondamentale in ambito manageriale, dove le decisioni non possono essere prese esclusivamente sulla base dei dati grezzi. I leader devono interpretare le informazioni nel contesto specifico in cui operano, comprendendo dinamiche sociali, culturali e strategiche. Un'AI può suggerire azioni basate su pattern passati, ma spetta al manager integrare queste informazioni con la propria esperienza e intuizione per prendere decisioni di impatto.

L'integrazione tra dati e conoscenza

Il vero valore per un'organizzazione non risiede solo nell'accesso a una grande quantità di dati, ma nella capacità di interpretarli e trasformarli in azioni efficaci. Qui entrano in gioco due superpoteri fondamentali del manager moderno:

  1. Sensemaking: la capacità di dare significato a dati e informazioni, comprendendo il contesto e anticipando le implicazioni future.
  2. Integrazione: la competenza di combinare diverse fonti di conoscenza, unendo informazioni quantitative con insight qualitativi per prendere decisioni strategiche.

Senza questi due elementi, i dati rimangono semplici numeri, privi di valore reale. Un manager efficace non si limita a leggere report e dashboard, ma sa cogliere il "perché" dietro i numeri, interpretare le dinamiche di mercato e prendere decisioni che generano impatto.

 

Le macchine non sanno il perché. Possono analizzare enormi volumi di dati e fornire suggerimenti basati su modelli statistici, ma non possiedono la capacità di dare significato alle informazioni. Il valore di un leader moderno sta proprio nell'abilità di integrare i dati con il proprio pensiero critico, esperienza e comprensione del contesto. L'AI è un potente alleato, ma il vero vantaggio competitivo risiede nella capacità umana di dare senso alle cose.

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