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L'open innovation prerogrativa dei settori high tech? Risponde Chesbrough

Un mercato globale, interconnesso e in continua trasformazione, che cambia più velocemente di quanto avremmo mai potuto immaginare rappresenta sicuramente il principale fattore di crisi di un approccio tradizionale all’innovazione. Il famoso libro di Chesbrough “Open Innovation” è stato il punto di partenza per iniziare un dialogo tra accademici e imprese, che tutt’oggi si interrogano su come favorire nuove modalità sostenibili di guidare il processo innovativo delle aziende.  

Il modello dell’Open Innovation ampiamente spiegato dal celebre autore, si fonda su una consapevolezza inconfutabile: il vantaggio competitivo non è più fondato sulla sola ricerca interna, delegata ai dipartimenti di R&S. E’ piuttosto un bilanciamento tra quelle che l’autore definisce pratiche innovative indbound e outbound, una serie di approcci che portano le imprese a non dover affidarsi unicamente alle proprie risorse, ma piuttosto ad integrarle con quelle sviluppate da concorrenti, partner, e altri attori attivi in mercati complementari e non.

In particolare, una pratica è definita inbound quando tende ad incorporare stimoli esterni nei processi aziendali; le pratiche outbound invece portano le imprese ad una maggiore, se così la possiamo definire, “esposizione”, attraverso l’esternalizzazione di stimoli interni che possono trovare impiego in iniziative attuate fuori i confini aziendali.

Inizialmente, questo cambiamento radicale ha interessato alcuni settori più di altri. L'industria dell'alta tecnologia sta diventando sempre più integrata, sia sul versante della produzione che del consumo. Quindi, a differenza dei settori tradizionali, maggiore flessibilità delle tecnologie, crescente necessità di avere sistemi sempre più integrati, in grado di dialogare tra loro, è la ragione per cui l'open innovation sembra essere una prerogativa delle industrie high tech.

Ma siamo così certi che nelle sole industrie ad alto impatto e contenuto tecnologico si possa parlare di open innovation? Chesbrough risponde: no.

Come dimostrato da Chesbrough in una recente ricerca basata su interviste dirette a funzioni dirigenziali e manageriali di aziende operanti in settori maggiormente tradizionali, è emerso che anche tali aziende stanno sperimentando culturalmente ed operativamente le pratiche di open innovation.

Anche nei settori più maturi l'innovazione aperta non è intesa come una mera strategia per la riduzione dei costi o per esternalizzare la funzione di ricerca e sviluppo. L’integrazione di innovazioni dall’ambiente esterno è percepito come strategia per aumentare il margine di profitto dei prodotti, il loro impatto su mercati notoriamente più stabili e meno diversificati, così come monitorare “disruptive innovation” provenienti anche da imprese che potrebbero minacciare le attività esistenti. .

Una differenza tra imprese high tech e non si può riscontrare sicuramente nelle pratiche adottate. Mentre nel settore high tech, le pratiche di open innovation outbound appaiono più frequenti, nei settori tradizionali si riscontrano maggiori pratiche di inbound innovation. Le aziende cercano di estendere o difendere il core business analizzando lo scenario esterno, al fine di capire quale sia il modo migliore per catturare il valore commerciale delle opportunità innovative già in fase di sviluppo. È il percorso fisiologico verso un nuovo modello di business, considerando che i flussi in uscita sono più rilevanti rispetto al business considerato nel suo complesso. In un certo qual modo, i primi passi verso un modello di open innovation sono una graduale apertura tramite attività considerate sostitutive di quelle interne di ricerca e sviluppo. L'ulteriore passo è la complementarità, ottenuta incrementando le capacità dell’azienda di fertilizzare l’abilmente esterno con le proprie risorse interne.

Come altre aziende negli altri settori, anche nel caso di queste società le sfide da affrontare e superare hanno riguardano principalmente l'allineamento di queste nuove pratiche con gli obiettivi aziendali generali. Le aziende hanno iniziato a focalizzarsi sul perché le loro pratiche innovative non apparivano più sufficienti. Hanno poi costruito gradualmente una cultura aziendale diffusa ad ogni livello organizzativo per guidare gradualmente tutte le funzioni ad assimilare nuovi concetti e quindi a modificare il proprio cambiamento. Il modificarsi di comportamenti e procedure radicalizzate è un percorso che richiede del tempo per plasmare il modo in cui il successo può essere raggiunto e considerato quando non viene "prodotto" esclusivamente internamente, ma in qualche modo è collegato alla rete esterna. I campioni dell'innovazione e l'adattamento culturale sembrano essere, ancora una volta, le migliori armi per seguire i flussi di innovazione, indipendentemente dal settore.

 

Questo articolo è tratto da “Beyond high tech: early adopters of open innovation in other industries” by Henry Chesbrough and Adrienne Kardon Crowther.

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