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Il tempo per imparare, il tempo di imparare

Il tempo nella filosofia, nell’arte e nelle altre discipline umanistiche è spesso al centro della riflessione, dell’opera o del palcoscenico. Ed è spesso il dato di input più incerto da parametrizzare, da inserire nei dibattiti sulle previsioni economiche e finanziarie e nei relativi modelli statistici previsionali.


E nemmeno ai colloqui di lavoro o agli incontri con potenziali investitori ci risparmia la sua presenza: dove ti vedi fra 3 anni? E fra 5 anni?

È un elemento chiave anche nel nostro colloquio con noi stessi, nella vita spirituale di ognuno di noi, anche se in misura diversa. Così come al centro della scrivania del nostro ufficio, tra una deadline e l’altra, o in città, tra il bisogno di sostenibilità e la necessità di dominio economico, il tempo sempre fluisce e – per tutti noi, come individui e come ecosistemi – sembra sfuggirci di mano e non bastarci mai.

Anche durante il lockdown abbiamo avuto un rapporto intenso col tempo: l’illusione di fermarci un attimo, di averne di più, in una sorta di time out per ritrovare se stessi o vecchi progetti rimasti lì nel cassetto. Per leggere un nuovo libro motivazionale, guardare finalmente quel film, perdersi in flussi di idee, imparare cose nuove. Sembrava riuscissimo finalmente a capitalizzare le ore a disposizione. Sembrava il tempo del maggese. O forse no?


Per gli individui, le startup, le PMI vi è una grande opportunità per apprendere nuove competenze e conoscenze, per non farsi trovare impreparati al futuro, per essere proattivi e non reattivi al panta rei. Milioni di libri, migliaia di TEDx da vedere, più di 10,000 corsi disponibili su piattaforme as a service, e sembra così difficile prioritizzare nel quotidiano. Nel delicato equilibrio tra breve e medio-lungo termine. Tra l’ottimo in Storia in pagella e l’assegno Post- Doc, tra l’utile di fine anno e la disruption di interi paradigmi. In mezzo c’è tutto il resto, costruire, cantava Fabi. E Keynes invece starebbe lì a dirci che nel lungo periodo saremo tutti morti.


Così tanto da imparare, così poco tempo.

Secondo una ricerca di Deloitte, una persona riesce a dedicare circa l’1% della propria settimana lavorativa per la formazione e l’apprendimento (training and development). Ma tale processo è un elemento chiave – secondo la stessa fonte – del successo aziendale, del raggiungimento degli obiettivi di business, della capacità di innovare, di avere risorse umane più produttive, di offrire prodotti/servizi di qualità.

 

Come bilanciare il trade off tra tempo a disposizione e bisogno di apprendimento?

Un approccio possibile ci è dato dall’analisi time-utility proposta da Marc Zao-Sanders, CEO e co-founder di filtered.com, una società di consulenza tecnologica, in un articolo dell’Harvard Business Review.

Il primo passo potrebbe essere individuare una serie di skills che si vogliono approfondire.


Combinando il tempo che occorre ad apprendere tali skills e la loro utilità, otteniamo una matrice 2x2:


• Impara subito: alta utilità, poco tempo necessario per apprendere
• Trova spazio nel tuo calendario: alta utilità, molto tempo necessario per apprendere
• Impara solo se riesci: bassa utilità, poco tempo necessario per apprendere
• Decidi se è il caso di imparare: bassa utilità, molto tempo necessario per apprendere

 

 

 

Questo framework può essere utilizzato – a livello personale ma anche a livello organizzativo-aziendale – per focalizzarsi su specifiche skills da apprendere e approfondire.
I pensatori e i filosofi del passato ci avevano avvisato… tutte le cose, Lucilio, sono degli altri, soltanto il tempo è nostro.

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