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Dal prodotto all'ecosistema: ripensare l’Innovation Management attraverso agenti, integrazioni e bene comune

L’innovazione può essere concettualizzata come un sistema dinamico e interconnesso comprendente una moltitudine di elementi, tra cui fattori umani, tecnologici e ambientali, ciascuno dei quali svolge un ruolo attivo nella sua evoluzione.

Questa trasformazione ci spinge a cambiare completamente il nostro modo di vedere le persone, le tecnologie e le organizzazioni coinvolte. Non possiamo più considerarli come identità statiche e ben definite, ma dobbiamo iniziare a considerarli come agenti dinamici, in grado di adattarsi e crescere insieme in un processo di evoluzione continua.

 

1. Dagli oggetti agli agenti: l'innovazione come sistema integrato di intelligenze artificiali ed autentiche

Nella gestione dell’innovazione, il passaggio da oggetti ad agenti ci invita a ripensare i processi e le strutture come qualcosa di dinamico, interattivo ed in costante evoluzione. Non si tratta più di progettare prodotti o servizi statici, ma di orchestrare ecosistemi di agenti – umani e non umani (sistemi di IA)– che collaborano, generano nuova conoscenza e si evolvono insieme per craere e distribuire valore.

Immaginiamo un classico elettrodomestico come un frigorifero: assisteremo presto alla nascita sul mercato di modelli dotati di intelligenza artificiale e connettività IoT, che analizzano i consumi degli alimenti, monitorano la freschezza dei prodotti e interagiscono con l'utente tramite un'app per suggerire ricette basandosi su ciò che è disponibile, riducendo gli sprechi alimentari.

Implicazioni pratiche:

  • Ecosistemi innovativi: l'innovazione non emerge più solo nei confini aziendali, ma da reti che includono startup, comunità locali, tecnologie abilitanti (AI, IoT), istituzioni e ambienti naturali. Ogni agente porta una forma di intelligenza e agency (una capacità di agire e creare un impatto) che contribuisce alla creazione di valore.
  • Design per la co-evoluzione: i processi di innovazione devono incorporare metodologie iterative, come il design thinking, che permettono agli agenti di influenzarsi reciprocamente. Ad esempio, un prodotto digitale non si limita a rispondere ai nostri bisogni, ma si evolve e cresce con noi. 
  • Tecnologie come co-agenti: le tecnologie non sono meri strumenti, ma elementi che partecipano attivamente alla creazione di valore. Ad esempio, se sei un manager e vuoi capire come migliorare le vendite, il machine learning, ad esempio, non si limita a fornirci i numeri, ma analizza i dati, ci suggerisce nuove strategie e scopre opportunità che magari non avevamo nemmeno considerato.

 

2. Dalle esternalità alle integrazioni: innovazione sistemica

L’innovazione non può più permettersi di ignorare cause e fattori esterni alla nostra organizzazione. Adottare un approccio integrato, ci aiuta ad essere consapevoli che ogni intervento genera impatti a livello economico, sociale, ambientale e culturale. Immaginiamo di lanciare un sasso in uno stagno: oltre dal punto in cui affonda in acqua nascono cerchi concentrici che si espandono ovunque. Lo stesso vale per l’innovazione: ogni azione messa in campo  ha conseguenze che possono aver effetti sull’economia, sull’ambiente, sulla società e sulla cultura dell’ecosistema nel quale si opera. Non possiamo più ignorare questi effetti "a catena". Adottare un approccio integrato ci aiuterà a considerare e gestire consapevolmente questi collegamenti, come se stessimo orchestrando un sistema complesso, per ottenere risultati positivi su più livelli contemporaneamente.

Cosa fare nel concreto:

  • Metriche integrate: i KPI tradizionali (profitto, crescita) devono essere integrati con metriche che misurano l'impatto sociale e ambientale. Ad esempio, un progetto di innovazione non sarà solo valutato per il ROI, ma anche per il suo contributo alla sostenibilità e al benessere sociale.
  • Modelli di business circolari: le innovazioni potranno essere progettate considerando l’intero ciclo di vita, promuovendo circolarità e resilienza. Ad esempio, nella moda, significa non solo produrre abiti sostenibili, ma anche considerare l'impatto sulla comunità dei lavoratori e sull'ecosistema locale.
  • Collaborazione multisettoriale: i progetti di innovazione devono coinvolgere stakeholder diversi, creando dialoghi fra discipline come economia, scienze ambientali e sociologia. Le soluzioni complesse richiedono l’utilizzo di framework e modelli interdisciplinari.

 

3. Dal pubblico-privato al commoning: innovazione come bene comune

L’innovazione tradizionale spesso si comporta come una gara: aziende o governi competono per ottenere risultati, mantenendo risorse e conoscenze sotto controllo. Un approccio integrato, invece, assomiglia più a un lavoro di squadra: tutti collaborano, condividono risorse e idee per creare qualcosa che sia utile a tutti. È un modo di innovare che punta sulla partecipazione, sulla condivisione e sulla co-gestione, mettendo al centro il bene comune anziché il profitto o il controllo esclusivo.

Cosa farlo concretamente?

  • Open Innovation: l’innovazione diventa fondamentalmente un processo aperto in cui conoscenze, dati e risorse sono condivisi per massimizzare l’impatto collettivo. Ad esempio, le aziende possono collaborare su piattaforme open-source per accelerare la transizione energetica.
  • Governance inclusiva: la gestione dell’innovazione dovrà includere comunità locali, attori marginalizzati e altri stakeholder. Ciò favorisce modelli partecipativi in cui ogni unicità è valorizzata, ogni voce ascoltata, ogni prospettiva inclusa
  • Beni comuni digitali: la tecnologia può facilitare l’integrazione di più stakeholder creando piattaforme per la co-gestione delle risorse. Ad esempio, piattaforme di codesign possono aggregare competenze per risolvere sfide globali come il cambiamento climatico.

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