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Startup come uova delle multinazionali-dinosauro: perché le corporate hanno bisogno di incubare giovani realtà per innovare.

Le grandi aziende sono come dinosauri che hanno bisogno di innovazione e che si rivolgono alle giovani imprese. Quest’ultime, simili a uova, hanno bisogno di un ambiente protettivo che faccia loro da incubatore per crescere e rafforzarsi.

 

E’ Solomon Darwin, direttore del Garwood Centre for Corporate Innovation della Berkeley University a spiegarci con una semplice metafora perché le grandi imprese, spesso immobilizzate nei loro processi, necessitano di incubare piccole e medie imprese, o start-up, per attingere a nuove innovazioni dall’esterno.

Secondo Darwin, nell’attuale scenario economico, le grandi imprese devono essere necessariamente “aperte” per non fallire. La rigidità strutturale che le contraddistingue e la visione tradizionale di proprietà intellettuale sono i principali fattori che portano le corporate-dinosauro ad erodere gradualmente il vantaggio competitivo costruito, senza contestualmente trovare soluzioni innovative per rigenerarlo.

 

Viaggiare leggeri, andare veloci

A differenza di realtà imprenditoriali di dimensione ridotta, le grandi imprese sono spesso limitate nella ricerca innovativa dalla loro stessa struttura organizzativa.

Il business model che ha consentito di costruire inizialmente un vantaggio competitivo forte, inizia a divenire un fattore ostativo all’innovazione di prodotto e processo, in quanto l’inevitabile rigidità derivante dal costante processo di strutturazione impedisce alle grandi imprese di mantenere l’agilità al cambiamento tipico delle start up. Quest’ultime, difatti, volendo usare una metafora viaggiano con solo bagaglio a mano. Il cambiamento di rotta dettato da fattori interni o esterni risulta facilmente perseguibile, perché a modificarsi ed adattarsi sono un numero di talenti e processi nettamente inferiori a quelli delle grandi corporate. Le imprese di dimensioni ridotte non hanno una dotazione di talenti e risorse pari a quelle delle multinazionali, ma sono agili e flessibili al cambiamento. I decision maker sono pochi e flessibili, elemento chiave per il mutamento.

Le grandi aziende una volta cresciute perdono la capacità di innovare e di adattarsi al cambiamento, perdendo così il vantaggio competitivo acquisito. Diventano dinosauri, grandi elefanti, non sono più agili come leopardi e pronti a cambiare rotta per inseguire la preda.

 

E’ mia, la proprietà intellettuale

Un’azienda che vuole innovare incontra diverse difficoltà, che spesso richiedono lunghi e faticosi adattamenti socio-culturali e organizzativi dell’intera struttura aziendale.

Particolarmente rilevante è la gestione della proprietà intellettuale e la visione tradizionale che tutt’oggi persiste anche nelle grandi organizzazioni. Quest’ultime hanno in pancia numerosi brevetti, le cui potenzialità rimangono spesso completamente inespresse. Sono le stesse imprese a ridurle a semplici voci di bilancio, preferendo mantenere il possesso piuttosto che monetizzarle. E’ questo il passaggio in cui si pecca di cecità. La proprietà intellettuale è un asset che con la stessa facilità come cui crea valore, lo distrugge se non adeguatamente sfruttata. Il deprezzamento è dietro l’angolo se l’azienda non adotta una policy che consenta di condividere la proprietà intellettuale attraverso licenze, scambi o cooperazione con altre realtà in grado di perseguire quella particolare innovazione con maggiore flessibilità e creatività.

 

Corporate, è tempo di far schiudere le uova

Le multinazionali sono come dinosauri che hanno nel loro ventre tante uova, pronte a schiudersi, le start-up.

Vi è una convergenza di interessi che potrebbe portare vantaggi sia alle grandi che alle piccole aziende. Per una startup l’open innovation è uno sbocco naturale, obbligato. Parliamo di piccole realtà che spesso hanno tante idee creative, ma non dispongono della cultura manageriale, organizzativa e di business che rappresenta l’ossatura dei big player.

Le multinazionali hanno bisogno di sviluppare nuovi prodotti, individuare nuovi mercati, o sbocchi alternativi per rimodulare costantemente il “core” business, e di massimizzare l’utilizzo della proprietà intellettuale posseduta, riducendo le possibilità di morire.

E’ tempo allora di schiudere le uova, e adottare start up in grado di rinvigorire il business model. E le buone pratiche non mancano, sia in positivo che in negativo. Kodak, Polaroid, Blockbuster, grandi brand impressi nelle nostre menti che hanno fallito nel cambiare prontamente strategia per adattarsi al cambiamento socio-economico. D’altra parte, colossi come IBM hanno saputo cogliere in tempo il cambio di rotta. IBM oggi collabora con quasi 5000 università, entra negli atenei, nel cuore della ricerca e sviluppo, accoglie le migliori idee e le porta in pancia. Cova le uova, e quando si schiudono, nascono nuovi mercati, nuovi prodotti, innovazioni.

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