Saggezza pratica: l'esercizio cognitivo per innovare
Pare che oggigiorno la parola d'ordine sia "innovazione". Ancor di più, sembra che ogni azione politica, economica, sociale sia legittimata ad esistere solo se in grado di innovare.
E' quindi necessario cercare di definire un concetto che il più delle volte appare insidioso, perchè strettamente dipendente dalla prospettiva utilizzata per indagarlo. In termini generali potremmo asserire che innovare significa compiere un’azione (processo, servizio, prodotto) che porti un vantaggio reale e quantificabile a persone e organizzazioni.
In questa prospettiva innovare non significa necessariamente generare un risultato tangibile, materiale, ma anche e soprattutto adottare una cultura innovativa, un costante allenamento pratico che attingendo dall'esperienza consenta di ottenere nuovi o maggiori benefici.
Innovare è anche un dovere etico e sociale per le organizzazioni. Imprese, enti no-profit e organizzazioni governative sono chiamate a produrre benessere per la collettività. In quest’ottica, innovare non è solo il mezzo per conseguire maggior profitto, ma rappresenta la costante risposta delle organizzazioni al modificarsi dei bisogni della comunità sociale.
Trovare soluzioni davvero funzionali ai continui mutamenti di paradigma – sociali ed economici – implica necessariamente sperimentare, procedere per tentativi, sino ad imboccare la strada che condurrà al risultato sperato.
L’innovazione è un processo caratterizzato da naturale incertezza, e l’innovatore è un soggetto a sua volta caratterizzato da razionalità limitata. Governare, e per certi versi mitigare, l’incertezza è possibile, grazie all’errore e alla saggezza pratica.
Non vi è evoluzione nella storia che non contempli l’errore come parte integrante dell’innovazione. L’errore è propedeutico all’innovazione, non solo scientifica, ma a quella di tutti i giorni, quella a cui siamo chiamati per rispondere alle esigenze personali e professionali: essere in grado di trovare nuove soluzioni per rispondere a problemi inediti implica il passaggio obbligato per soluzioni non efficienti, e quindi erronee. Anzi, le aziende innovative tendono a sbagliare molto più delle altre, ma conoscono il valore terapeutico dell’errore, che non rappresenta mai fallimento, bensì feedback.
Se sbagliare è un passaggio obbligato, è altrettanto vero che possiamo ridurre le possibilità di sbagliare, imparando a coltivare ed accrescere quella particolare forma di conoscenza che acquisiamo dall’esperienza quotidiana: la saggezza pratica.
La saggezza è la capacità di valutare in modo corretto, prudente ed equilibrato varie opportunità, optando gradualmente per quella che ci appare più idonea, secondo la ragione e l’esperienza. E’ Aristotele ad accompagnarci verso una dimensione pratica del concetto di saggezza, definita come quella particolare mescolanza di valori, intelletto e pratica che porta gradualmente gli individui ad allineare valori etici e morali alle azioni svolte nel quotidiano.
Attraverso la pratica costante di valori etici e morali, secondo Aristotele l’individuo è in grado di integrare e interiorizzare naturalmente sapienza nei processi operazionali. In quest’ottica virtù ed eccellenza sono il risultato di una costante pratica che interroga e allena l’intelletto cognitivo emozionale, quella parte del nostro essere che determina tutto ciò che ha a che fare con noi come individui senzienti: valutare opzioni, adottare alcuni comportamenti, tendere all’evoluzione.
La saggezza non si occupa dei fini, ma di come raggiungerli: la virtù è il faro per individuare il giusto obiettivo, la saggezza fa luce sui mezzi giusti per conseguirlo.
La saggezza pratica non si sviluppa con l’età, bensì con l’esperienza. Anche se spesso il concetto di esperienza è legato naturalmente al concetto di età di un individuo, non si tratta di una relazione lineare. Un giovane innovatore potrebbe dimostrare saggezza derivante dalla costante pratica osservativa e sperimentale, così come un individuo con una solida esperienza potrebbe non dimostrarsi in grado di utilizzare la conoscenza accumulata per sviluppare innovazioni. E’ la pratica costante ad incrementare la capacità di innovare.
Essa si sviluppa man mano che impariamo a servirci delle conoscenze tratte dalle teorie professionali, dal pensiero filosofico e dalle riflessioni sulle esperienze concrete e condivise.
Trasporre in pratica teorie e principi e incrementare la conoscenza tacita, è questo il costante esercizio cognitivo che favorisce l’innovazione.