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L'intelligenza innovativa: cos'è e come possiamo coltivarla

intelligènza (ant. intelligènzia) s. f. [dal lat. intelligentia, der. di intelligere «intendere»]. –Complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, e lo rendono insieme capace di adattarsi a situazioni nuove e di modificare la situazione stessa quando questa presenta ostacoli all’adattamento

(Treccani)

 

Il modo in cui pensiamo, comprendiamo, elaboriamo ed interpretiamo diverse tipologie di informazioni, dati, problemi o opportunità è determinante per la nostra capacità di innovare: un abile innovatore ha bisogno di costruire relazioni tra concetti, problemi, bisogni, interfacce, dati, oggetti, persone che vanno ben oltre lo sviluppo di prodotti/servizi nuovi. 

Ecco che dietro quel “complesso di facoltà psichiche e mentali” si nasconde un vero motore dell’innovazione. Comprendere come lo adoperiamo, nelle sue diverse tipologie, può aiutarci a cogliere limiti ed opportunità e facilitare la gestione dell’innovazione.

 

Quali tipologie?

A partire dagli anni ’80, come ci suggerisce nei suoi articoli Pete Foley, la visione lineare dell’intelligenza come proprietà innata, misurabile e quantificabile attraverso test standardizzati, come il test IQ, è stata sfidata da nuovi e più complessi modelli: dalla teoria triarchica di Steinberg, secondo cui l’intelligenza non si esprime soltanto nella modalità analitica, ma anche creativa e pratica, all’intelligenza multipla di Gardener e a quella emotiva e sociale di Goleman,  l’intelligentia non è più concepita come monodimensionale, ma come comprensiva di un ampio range di abilità, stili e processi cognitivi.

 

Studi di approfondimento sviluppati nel campo della scienza cognitiva hanno mostrato ulteriori caratteristiche delle skills e degli stili di pensiero degli individui. Il neuroscenziato israeliano, Moshe Barr, ad esempio, ha dimostrato che l’essere umano utilizza l’esperienza e le informazioni acquisite e conservate in memoria per simulare nuove esperienze. Tali simulazioni vengono archiviate come ricordi nel cervello, per essere poi utilizzate come script predittivi, guidando cognizioni, decisioni e azioni. Altri studiosi, come Dedre Gentner, Keith J. Holyoak and Boicho N. Kokinov, hanno mostrato come la nostra mente, attraverso l’analogia, ci consenta di comprendere nuovi problemi e situazioni attraverso problemi e situazioni simili. E l’analogia ha un ruolo in un’ampia gamma di task cognitive, tra cui la formazione di strutture complesse, l’espressione delle emozioni, il decision making e la risoluzione dei problemi.

 

Perché tutto questo è importante?

Comprendere le diverse dimensioni dell’intelligenza può aiutarci ad individuare ambiti, determinanti per la nostra capacità di innovare, in cui possiamo migliorare: se per incrementare considerevolmente il nostro IQ possiamo fare ben poco, per l’intelligenza emotiva e sociale, per il modo in cui attingiamo dall’esperienza e risolviamo i problemi, invece, con pratica ed esercizio, possiamo fare molto.

Vediamo come.

Intelligenza emotiva e sociale. Per innovare, dobbiamo innanzitutto essere in grado di comprendere noi stessi e i nostri stakeholder, quali sono i loro bisogni e quali problemi vivono: solo così potremo individuare cosa crea valore, comunicare efficacemente la nostra idea, gestire le nostre emozioni e le emozioni degli altri in un percorso di trasformazione, inevitabilmente interessato da sfide, paure e frustrazioni. Possiamo migliorarle attraverso l’ascolto empatico e la sincronizzazione delle emozioni ed impegnandoci nell’autovalutazione, per imparare a riconoscere e gestire le nostre risposte emotive, per allenare risposte consapevoli e ponderate, esercitando l’allineamento tra queste e le reazioni inconsce ed istintive.

 

Attingere dall’esperienza attraverso l’analogia. Il pensiero analogico ci permette di richiamare e riapplicare idee appartenenti a domini differenti in situazioni simili e, allo stesso tempo, di comprendere come le nostre competenze ed esperienze siano trasferibili in vari campi di applicazione. Ciò significa che anche le esperienze acquisite attraverso un hobby, uno sport o attività di formazione in settori diversi da quelli in quei operiamo regolarmente, possono essere richiamate dal nostro cervello per guidare azioni e decisioni, per comprendere nuovi problemi e situazioni. Stimolata, dunque, dall’esperienza e dall’apprendimento continuo, l’analogia può essere allenata con l’apprendimento di abilità trasferibili, il potenziamento della capacità di analisi ed esercitandosi proprio a creare analogie, una pratica che consentirà di intuire più facilmente i modelli e i pattern che sono alla base del pensiero analogico.

 

Risolvere i problemi con l’intelligenza creativa. Nel modello tripartito dell’intelligenza di Sternberg, l’intelligenza creativa rappresenta l’abilità di un individuo ad utilizzare le proprie conoscenze per creare nuovi modi per gestire problemi o situazioni mai incontrati prima. Definita spesso anche come “esperienziale”, questo tipo di intelligenza si ricollega all’abilità di creare analogie, nella misura in cui richiede di attingere dall’esperienza, ma va oltre tale concetto: richiede, infatti, sia la capacità di richiamare l’esperienza per comprendere un nuovo problema, sia di rielaborare l’esperienza, approfondendo le connessioni più immediate per generare idee e soluzioni meno ovvie. Secondo uno studio portato avanti dalla Queen Mary University e coordinato dalla ricercatrice Caroline Di Bernardi Luft, tale processo necessita, però, di un contesto cognitivo che stimoli e faciliti la creatività: il nostro cervello, infatti, tenderebbe a creare connessioni creative significative quando non è focalizzato sul problema, grazie all’attività delle onde cerebrali alfa, associata a stati di riposo e rilassamento. Potremmo, dunque, allenare la nostra intelligenza creativa ritagliando del tempo e creando uno spazio in cui esercitare meno controllo cognitivo, per consentire al nostro cervello di creare nuovi modelli e schemi concettuali.

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