
Individui poco convenzionali
Le nuove tecnologie hanno ampliato in maniera esponenziale le nostre capacità cognitive, non solo perché possiamo accedere e connettere ad una quantità pressoché infinita di informazioni e relazioni ma, soprattutto, perché abbiamo creato infrastrutture, interfacce e algoritmi programmati per generare nuove informazioni.
Cosa crea valore?
L’unicità. Il patrimonio personale di emozioni, esperienze, conoscenze accumulato da ognuno, il nostro modo di interpretare la realtà, lo spazio dove operiamo.
Unicità non solo in potenza ma soprattutto in esecuzione.
Non solo la qualità e la quantità di conoscenze che abbiamo a disposizione. A fare la differenza, è il modo in cui acquisiamo, mettiamo in relazione o in contatto nuove informazioni con quelle in nostro possesso.
Se da un lato le macchine automatizzano, il lavoro degli uomini si configura sempre più come saper gestire l’informazione, saper pensare, avere la giusta intuizione, saper leggere le emozioni, creare nuove connessioni e significati.
E tutto questo è possibile? Perché come suggerisce Heidegger la natura umana opera da sempre in un mondo complesso piuttosto che razionalmente determinato; è autentica (ovvero non convenzionale) perchè può andare oltre le consuetudini ed a ciò che è ordinario, “naturale”; è soprattutto cooperativa.
Come migliorare l’unicità di un’impresa o delle nostre relazioni quotidiane?
Abbiamo bisogno di legarci ad “individui non convenzionali” fondamentali per la nostra crescita personale e della nostra organizzazione. Oppure possiamo provare a diventarlo noi. Come?
Acquisendo nuove competenze che sappiano “riconfigurare” le nostre conoscenze ed abilità.
Abbracciando culture, idee, prospettive nuove ed accedere ad informazioni e nuovi significati a cui prima non avevamo accesso. Lasciando da parte la finta sicurezza di avere conoscenza e certezza per abbracciare l'incertezza ed il desiderio di acquisire nuove informazioni. Imparando a porsi le giuste domande per prendere le giuste decisioni. Le decisioni “meglio informate” spesso iniziano con un forte appetito per i dati, seguiti da una salutare dose di scetticismo per saper ben interpretarli.