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Emozionarsi a distanza. Connettersi in esperienze 'Low Touch'

Nel giro di poche settimane la pandemia ha rivoluzionato il nostro modo di vivere, di lavorare, di entrare in contatto con amici, clienti, collaboratori. L'isolamento forzato ed il distanziamento sociale imposto hanno generato un nuovo paradigma che cambia il modo in cui interagiamo e creiamo relazioni. 

Ecco che, a poche settimane dall’inizio della “fase 2” e di un graduale ritorno alla normalità, siamo pronti a passare da un modello high touch ad uno low touch.

 

Cosa significano questi due termini?

 

In breve, si parla di un modello di interazione high touch nell’ambito di una dinamica di relazione (persona - persona, azienda - cliente, venditore - cliente)  quando la componente umana ha un ruolo maggiore rispetto all’automazione e alla tecnologia in generale. E’ un tipo di comunicazione che si concentra intorno ai lati umani ed emotivi delle persone e richiede un livello di partecipazione molto alto, soprattutto predilige la qualità piuttosto che l'efficienza o la velocità delle azioni messe in campo. Rappresentano un esempio di questo modello le interazioni che possiamo avere con un call center, i servizi professionali come l’andare da un medico, dentisti, avvocati, ma anche processi interni alle organizzazioni come sessioni di progettazione collettiva con tutto il team.

 

I modelli low touch, di contro, rappresentano interazioni in cui la tecnologia e l’automazione svolgono il grosso lavoro. Immaginiamo Amazon GO dove entri in uno store, acquisti ciò che desideri, senza passare per la cassa e senza la minima interazione con un operatore umano. Pensiamo ad un bot che soddisfa in tempo reale le nostre richieste tramite chat, oppure al “compra subito” del nostro ecommerce preferito. 

 

Il prossimo scenario

Quello che abbiamo già sperimentato in questi mesi con riunioni ed eventi online, acquisti di prodotti e servizi tramite app e chat, profilassi e distanziamento sociale estremo nei rari momenti pubblici, sarà sempre più l’ordinario nei prossimi mesi. Vivremo gli spazi comuni con minor contatto, con spazi dilatati tra i nostri corpi (spazi prossemici). Viaggeremo di meno, ci muoveremo lo stretto necessario, saremo sempre più attenti all’igiene, avremo un costante bisogno di maggiori attenzioni, qualcuno che si prenda cura di noi, a compensare le distanze intorno a noi, il bisogno di fiducia ed ossitocina che un abbraccio o una stretta di mano, prima, sapeva soddisfare.

 

Quale dunque la sfida?

Già McLuhan, lo scorso secolo, aveva classificato come “caldo” un medium come la radio o il cinema, e “freddo” il telefono o la TV. È caldo un medium  ad "alta definizione” per la quantità di informazioni che condivide. Il cinem regala immagini, suoni, azioni, il telefono ci permette solo di ascoltare la voce ed immaginare il resto. Di contro, un medium “freddo” apre ad una maggiore partecipazione dell’utente. Così un libro proprio perchè a “bassa definizione” ci richiederà una cooperazione superiore rispetto ad un film. 

Come possiamo osservare, prendendoci una piccola licenza,  il concetto di “freddo” e “caldo” può essere relativo e dipende in realtà da quello che stiamo cercando. Lo stesso vale per esperienze low e high touch.

E’ vero che dobbiamo ridurre la presenza fisica dei corpi ma se facciamo nostro l’obiettivo di connetterci emotivamente con i nostri interlocutori, trasmettere autenticità e fiducia anche senza il contatto diretto, possiamo provare ad integrare un approccio high touch in un'esperienza low touch. Vorrà dire trovare una nuova strada per arrivare al cuore, alle reali esigenze di chi stiamo servendo, fornire qualità, non solo economicità e rapidità. Ricordiamo sempre che la tecnologia è uno strumento e non il fine dell’interazione. 

 

“Ho un negozio fisico devo limitare gli spazi, devo rivedere il modello di business.”

Iniziamo a pensare concretamente all’omnicanalità. Ricordiamoci che un brand non è uno spazio fisico ma un’emozione nella testa dei nostri clienti. Proviamo a ridisegnare le loro esperienze e grazie alla tecnologia rendiamole continue e coerenti a prescindere dal modo in cui si entra in contatto. Il cliente può fare acquisti online da un desktop o dispositivo mobile, o per telefono, ma vuole emozionarsi sempre e soprattutto non ama ricominciare daccapo. Può entrare in negozio, può esplorare nuovi prodotti, fare un ordine e poi farsi spedire l'articolo direttamente a casa sua. In un secondo momento, se non potrà uscire, dal suo divano vuole accedere a tutti i prodotti che ha osservato e magari comprare qualcosa di nuovo dopo aver visto un video che gli spiega meglio l’unicità del prodotto.

 

Impariamo dai giochi: creiamo esperienze di gamificazione per la nostra community. I giochi da sempre, per le meccaniche che incarnano, rappresentano per noi un’esperienza estremamente coinvolgente. L’esperienza per un cliente non è un semplice scambio dare avere. E’ emozione, è coinvolgimento, è sfida, ha un significato, è una storia a tappe. Il gioco ha in sé elementi come livelli (percorso da compiere), feedback immediato (per aiutare i progressi), punteggi e punti (per regalare al giocatore il senso di gratificazione), badge (per risultati conseguiti) competizione e collaborazione (quando più persone sono coinvolte). 

 

Impariamo ad essere responsive. In base alle esigenze del nostro business possiamo utilizzare un approccio high-touch per conversazioni più strategiche con i clienti e focalizzare l’automazione per attività di base e amministrative. 

La nuova fase è pronta per iniziare ma tutta da scrivere. L'incertezza rimarrà. Arriveranno problemi e difficoltà, ma porteranno con sé l'opportunità. La presenza non è solo fisica, soprattutto se significa attenzione e cura verso chi sta vive il futuro come un vero e proprio salto nel vuoto. 

Per citare ed omaggiare Sepulveda, “«Volare mi fa paura» stridette Fortunata alzandosi. «Quando succederà, io sarò accanto a te» miagolò Zorba leccandole la testa.”

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