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Conosci te stesso, conosci il mercato | da Socrate al Marketing spirituale di Kotler

Nosce te ipsum. Conosci te stesso è forse la più celebre delle massime filosofiche che si studiano al liceo.  Questa sentenza era scritta sul frontone del tempio di Apollo a Delfi, come si legge in Socrate.

Egli credeva che lo scopo della filosofia era quello di aiutare l'uomo a comprendere la sua “finitezza”, a venire in chiaro a se stesso, portarlo al riconoscimento dei suoi limiti e renderlo giusto, cioè solidale con gli altri. Perciò egli adottò come suo motto "conosci te stesso", ossiariconosci in primo luogo quello che sei, e cioè un uomo, per cui un abisso ti separa dal divino.

E’ proprio il sapere, la conoscenza, che permette all'uomo di conoscere se stesso e quindi di conoscere qual è il modo più adatto per vivere felice.

Colui che sa - secondo Socrate - sa far bene i propri calcoli e sceglie in ogni caso la cosa migliore per lui. La vera felicità pretesa da Socrate è quella duratura, la quale non può essere la felicità del corpo, che è caduco, ma soltanto quella dell'anima. Il motto delfico vorrà allora dire, per Socrate, "conosci la tua anima”.  E' proprio nel pensiero di Socrate che il tema dell'anima esce dal contesto religioso - caratteristico di Orfismo e Pitagorismo, concezioni mitico-religiose di quei tempi - per diventare, attraverso un processo di moralizzazione e di individualizzazione, il fulcro del discorso morale.

Quando Socrate però si chiede cosa sia il Bene, non sa rispondere. E' celeberrima la sua affermazione a riguardo: io so di non sapere! (cfr. Apologia). Eppure tutto ciò non lo porterà né verso lo scetticismo né verso il nichilismo. In primo luogo perché egli aveva una fede assoluta nel significato di una azione condotta in conformità a ciò che si ritiene sia il bene: egli ha suggellato questo insegnamento con la sua morte. In secondo luogo, egli era convinto che l'uomo deve impegnarsi a fondo nella conoscenza, anche se non potrà raggiungere un sapere perfetto – sulla natura limitata e ipotetica della conoscenza umana scriverà molto un altro gigante, Karl Popper. E' questo il mezzo migliore per raggiungere la felicità, giacché "una vita senza ricerca non è vita umana" (Apologia).

Ecco, una vita senza ricerca, studio, conoscenza non è vita umana. E probabilmente, mutuando l’insegnamento socratico al mondo delle imprese, un’impresa senza una continua ricerca e analisi introspettiva non è un’impresa. Non sopravvive sul mercato. Ecco, il mercato, 1+1: per le imprese il motto delfico potrebbe divenire “Conosci te stesso, conosci il mercato”.

E’ lo stesso ammonimento (e, insieme, una  call-to-action) di un guru del marketing come Phillip Kotler, in “Marketing 3.0”:

Come le persone creative, le imprese devono imparare a conoscere se stesse e a comprendere a fondo le ragioni del loro agire, chiarendo ciò che aspirano a diventare! (…) Il profitto scaturirà dall’apprezzamento dei consumatori per il loro contributo al benessere dell’umanità.

Kotler descrive una nuova era, l’era del Marketing 3.0 culturale, collaborativo e spirituale. Le strategie delle imprese sono profondamente influenzate dal comportamento e dalle esigenze dei consumatori (pro-sumer, al centro degli interessi del marketing ormai). Grazie all’ondata tecnologica e al continuo flusso informativo, questi ultimi possono collaborare al processo di creazione di valore.
E, secondo Kotler, la ricerca che ogni imprenditore deve fare (continuamente, su se stesso e sull’esterno) dev’essere molto più approfondita: non bastano più le 4 P.

Dai manuali di Economia e Gestione delle imprese, sono tanti i modelli che le imprese possono adottare e studiare per conoscere se stesse e il mercato, dall’analisi SWOT classica alle 5 forze di Michael Porter. Quest’ultimo con lungimiranza allargò il concetto di concorrenza, facendovi entrare anche competitor solo potenziali.  Pensiamo alle banche e gli intermediari finanziari: ora devono preoccuparsi anche di Facebook, Amazon e altri player non finanziari.

Viviamo in un ecosistema, fisico e digitale, dominato da strumenti che misurano ogni cosa. Ad oggi il volume di dati generato ogni due giorni è pari alla quantità di informazioni create dall’umanità fino al 2003. I dati non sono né un bene né un servizio, sono intangibili e possono essere facilmente conservati e consegnati lontani dal loro punto di produzione originale, proprio come un bene. Oggi i Dati sono universalmente riconosciuti come il petrolio del nuovo millennio, e certamente altrettanto difficili da catalogare, estrarre e valorizzare. Le imprese dovranno capire tutto ciò, guardarsi dentro e guardarsi intorno, e partire da quei dati in circolazione per conoscere, e conoscersi.

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