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Philo & Management 4. Riconnettersi al proprio intuito con BERGSON

Le grandi decisioni della nostra vita molto raramente sono razionali, eppure molti di noi sono convinti che una decisione razionale sia più preziosa di una decisione intuitiva. Cedere all'impulsività nella vita personale ci sembra accettabile, mentre tendiamo a ritenere che l'istinto non sia adatto al contesto lavorativo, governato dalla razionalità operativa.Ciò accade perchè tendiamo a ritenere l’istinto l’opposto della ragione.

Il filosofo francese Bergson ci guida verso una nuova prospettiva : considerare l’intuizione non come termine di errore, ma piuttosto come metodo di ampliamento della conoscenza e della realtà.

Se consideriamo l’intelligenza unicamente come lo strumento della scienza per comprendere il mondo materiale, la sua capacità esplicativa rimane limitata al mondo superficiale. In realtà l’intelligenza è la chiave per accedere al mondo immateriale, perchè attraverso essa siamo in grado di accedere al senso della realtà, e capire perchè alcune scelte le basiamo su comportamenti irrazionali a nostro avviso. Nel 2011 uno studio della Harvard Business Review ha rivelato che a livello dirigenziale e manageriale, l’intuizione è il primo fattore decisionale nell’85% dei casi. Nella maggior parte dei casi, gli intervistati hanno confermato di aver fatto prevalere incosciamente l’intuito sulla ragione, sia rispetto a questioni importanti che meno rilevanti.

Decidere è scegliere un'opzione piuttosto che un’altra, tra tutte quelle a nostra disposizione. Decidere è quindi discernere. Temiamo l’intuizione perchè pensiamo di doverla giustificare con argomentazioni razionali che non siamo sicuri di avere, soprattutto in ambito lavorativo. Con il supporto del filosofo Henri Bergson esploreremo l’idea che l’intuizione, lungi dall’essere una percezione temporanea, possa come la scienza essere un metodo pratico per guidare le nostre decisioni in modo creativo.


INTELLIGENZA A SERVIZIO DELL’AZIONE

Il nostro buon senso ci fa percepire l’intuizione come un riflesso emozionale spontaneo, e quindi di scarso valore per il processo decisionale. Specialmente nel mondo degli affari.

Secondo Bergson intuito e intelligenza razionale sono due forme di conoscenza di ciò che sappiamo per come lo conosciamo. Secondo il filosofo, l’intuizione sarebbe difatti una forma di conoscenza oggettiva e legittima. E ciò per una semplice ragione: la realtà si manifesta in due forme e non in una. La scienza, basata sulla ratio, spiega la dimensione materiale. La dimensione spirituale è invece spiegata dall’intelligenza emozionale, da come agiamo, da come ci relazioniamo agli altri. 

Nel mondo degli affari l’intuizione è l’intelligenza che analizza e ripete rappporti e situazioni che conosce in modo lineare, apprende il nuovo dal vecchio, riordina gli elementi preesistenti in una nuova forma.  Questo è esattamente ciò che facciamo quando per esempio effettuiamo proiezioni. Immaginiamo di valutare il potenziale di sviluppo di un nuovo mercato: utilizziamo tecniche scientifiche per interpolare dati storici e futuri. Prendiamo elementi dal passato (punti di forza e debolezza del settore, analisi della domanda, tendenze della società e cosi vià) e grazie alla nostra intelligenza ed esperienza siamo in grado di intuire e disgenare nuove idee, idee che di base possedevamo già. Intuito e intelligenza si fondono nel processo analitico portando ad una nuova immagine, ad una nuova prospettiva che crea innovazione.

E’ questa la riflessione sottile di Bergson: la scienza considera un secondo un semplice secondo identico a tutti quelli passati e a tutti quelli che verranno. Accogliere l’intuito come driver di conoscenza significa ritenere ogni secondo nuovo, intriso di nuove esperienze che aumentano la nostra capacità di intuire grazie all’esperienza e discernere coscientemente le scelte da compiere.

L’intelligenza cattura la staticità per riorganizzare l’esistente. L’intuizione cattura il movimento, le dinamiche e quindi la vera innovazione. Una semplice operazione come la rilettura di un documento potrebbe portarci a nuove idee, a nuove immagini. Anche se le informazioni sono esattamente le stesse, la prima lettura ci consente di interiorizzare le informazioni, mentre nella seconda lettura saremo maggiormente concentrati nel connettere le informazioni acquisite e le conoscenze ed esperienze di cui siamo in possesso. Per giungere poi ad una intuizione che ci porta ad innovare.

L’intuizione non è irrazionale, è pensare e agire nel tempo, plasmato dall’esperienza. Pensare intuitivamente non significa astrarsi dalla realtà e compiere scelte fuori portata. E’ esattamente il contrario, il pensiero intuitivo ci indica che stiamo proprio dentro le cose e non fuori, permettendoci di avere una visione più esaustiva e profonda. Nell’intuzione si fondono le sensazioni (lo sento) e la conoscenza (lo so). E’ quel processo che sperimentiamo quando qualcosa che ci appare opaco, incoerente, sbilanciato, ed improvvisamente grazie all’intelligenza e alla conoscenza spirituale diventa luminoso, coerente ed equilibrato.  Quando l’intuizione si fonde con il nostro io attraverso i nostri sensi, si crea un movimento dinamico, un cambiamento, un taglio praticato nel mezzo del divenire che rappresenta una nuova disposizione di elementi preesistenti. In una sola parola innovazione.  

 

INTUIZIONE: SIMPATIA E POTERE DI NEGAZIONE

Come riconoscere l’intuizione? Come sapere se è quella in grado di guidarci nella giusta direzione? Possiamo riconoscere una buona intuizione grazie alle emozioni. L’intuizione è, prima di tutto, empatia che connette una persona ad un’altra o ad un oggetto. E’ una risonanza naturale tra le nostre conoscenze e capacità e gli obettivi che intendiamo raggiungere. Per consentire all’intuizione di non essere declassata a semplice irrazionalità, è bene praticare un “lasciare cosciente”. Liberare l’intuizione di paure e scoraggiamenti, e cercare di schiarire la nebbia cercando chiarezza e semplicità. L’intuizione, come tutte le scelte, non è scevra dal fallimento. Per Bergson l’intuizione è una modalità di discerimento che fonde realtà conscia e conoscenza implicita. Non si tratta di trascendenza o di una rivelazione spontanea, ma di un processo dinamico che illumina ciò che conosciamo plasmandolo in relazione alla conoscenza interiore che abbiamo del mondo.

 

DISTINGUERE L’ISTINTO PROTETTIVO DALL’INTUIZIONE CREATIVA

Per sviluppare la capacità di intuizione, dobbiamo essere in grado di discernere tra l’intuizione creativa e l’istinto protettivo.

Se da dirigente devi scegliere tra due impiegati da recultare, sceglierai in base all’istinto o all’intuizione?

Proviamo a fare questa distinzione. L’istinto è una forza protettiva, che ci allerta in caso di pericolo o minaccia. L’intuizione è invece una forza creativa, che guida le nostre scelte in aree nelle quali abbiamo già delle competenze e capacità di giudizio. Quindi quando si inizia a sperimentare la forza creativa dell’intuizione, i primi sforzi cognitivi sono proprio diretti ad evitare che la forza innovativa sia contaminata da istinti negativi (avidità, orgoglio, arrivismo). Essere in grado di fare questa distinzione ci porta a comprendere i nostri pregiudizi personali nell’apprezzamento di una possibilità o di una situazione, mostrandoci nuove strade da percorrere.

 

SPERIMENTARE L’INTUIZIONE: un metodo in 3 fasi

  • Identificare le parti principali di un problema. Nella vita lavorativa quotidiana tutti dobbiamo gestire un certo numero di problemi che richiedono la nostra attenzione per essere risolti. Il primo passo per sviluppare il metodo intuitivo è usare la propria capacità di discernimento per individuare le componenti principali di un problema. Scomporre il problema nelle sue varie parti ci aiuta ad inviduare le aree in cui si annida la reale difficoltà, portandoci ad ampliare le possibilità, gli scenari e le dinamiche con cui abitualmente e meccanicamente analizziamo una situazione.
  • Lasciare che le componenti del problema interagiscano. Quando le componenti di un problema sono ben identificati, possiamo analizzarli come elementi connessi da un organizzazione o in relazione all’ambiente esterno. Solo considerando gli elementi disgiuntamente e poi in connessione tra loro possiamo giungere alla logica intrinseca del problema, aprendoci a nuove possibilità interpretative. Osservando come le varie parti interagiscono reciprocamente si aprono nuove visioni, frammenti e margini di intervento che non eravamo riusciti ad immaginare rimanendo concentrati sul problema come unica massa indistinta.
  • Lasciare emergere la giusta decisione. Questo è il momento in cui si chiarisce la logica intrinseca del problema. L’ultima fase è lasciare maturare la giusta decisione, volere senza volere. Certo possiamo sperare che la decisione giusta sia quella che ci attendiamo, ma non dobbiamo condizionare l’esito del nostro processo intuitivo. Dobbiamo creare lo spazio per non frenare il nostro potere visionario, dobbiamo liberare energia e innovarci costantemente.

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