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Più facile a pensarsi che a farsi

Il nostro primo impatto con una novità è sempre accompagnato da un principio di disorientamento. Se desideriamo imparare una nuova lingua, una nuova skill, approfondire nuove conoscenze oppure,  acquistare un nuovo prodotto, in maniera conscia o inconscia ci poniamo alcune semplici domande come ad esempio:  

 

Quanto questa attività ci appare essere semplice e veloce?

Quanto invece sembra essere difficile e richiede tempo?

 

Ci è mai capitato di rimandare la lettura di un articolo particolarmente impegnativo, l’inizio di un’attività dispendiosa, solo perché sopraffatti dalla sensazione di doverci sforzare ed impegnare in modo particolare? 

Quando acquisiamo nuove informazioni e nuove conoscenze, ci sono aspetti apparentemente insignificanti legati alla loro presentazione che possono avere effetti sorprendenti sulla percezione e sul nostro comportamento. Anche se spesso avviene a livello inconscio, siamo influenzati da quanto percepiamo "facile" o "difficile" un qualcosa.

Questa sensazione è conosciuta come fluenza cognitiva.

 Definita meglio, la fluidità cognitiva si riferisce alla nostra personale esperienza di percepire la facilità o la difficoltà di completare un compito mentale. Non si riferisce al processo mentale stesso, ma piuttosto al sentimento che associamo a quel processo.

 

Alter e Oppenheimer individuano una serie di comportamenti e reazioni che possono essere influenzati dalla fluenza cognitiva, tra cui:

  • il giudizio di verità di un’affermazione (più è semplice, più è facile che sia vera)
  • il piacere estetico (siamo propensi ad amare maggiormente qualcosa che comprendiamo con estrema facilità)
  • il valutare la certezza delle delle proprie convinzioni (quanto siamo sicuri di ciò che pensiamo?)
  • valutazione della persona (se comprendiamo più concetti di quelli espressi dal nostro interlocutore è più probabile che avremo su di lui un giudizio positivo) 



Quanto è difficile il compito che vogliamo svolgere in prima persona oppure o farlo fare agli altri?

Sia che siamo noi stessi ad approcciare ad un nuovo compito, sia soprattutto quando ci relazioniamo agli altri, quando stiamo progettando un nuovo prodotto/servizio, dobbiamo imparare a conoscerci e/o conoscere il nostro pubblico. Guardare e vivere l’esperienza attraverso gli occhi dei nostri clienti e provare a vivere e comprendere il loro approccio, le loro difficoltà nel percepire i compiti da svolgere,  può risultare enormemente vantaggioso per "attivare" i comportamenti desiderati.

Quali fattori possiamo modulare per rendere il tutto più facile?

E’indubbio che la fluenza cognitiva (e tutte le forme derivate immaginativa, linguistica, lessicale..) ha una diretta corrispondenza con l'usabilità e l'accessibilità. Rispettare le regole base della chiarezza, l'utilizzo di un linguaggio semplice (in termini di lessico e sintassi) e naturalmente ortograficamente corretto, diminuisce la fluenza linguistica.



La familiarità

 

Non è detto che un design minimalista o con pochi elementi sia sempre sufficiente. Se siamo (o lo sono i nostri clienti) abituati ad un contesto ricettivo o a un linguaggio più articolato, anche il più efficace processo di semplificazione potrebbe essere interpretato negativamente come una pura banalizzazione.

Le cose non familiari devono essere attentamente valutate per determinare la loro efficacia o qualità rispetto ai nostri bisogni. Gli oggetti familiari, invece, sono quelli per i quali abbiamo già espresso un giudizio, quindi possiamo risparmiare tempo nel decidere e valutare.

Gli psicologi hanno identificato quello che chiamano l'effetto della "bellezza nella media". Quando viene chiesto di identificare l'esempio più attraente di qualcosa, le persone tendono a scegliere l'opzione più prototipica. Ad esempio, quando viene chiesto di identificare il più attraente di un gruppo di volti umani, le persone scelgono quello che presenta caratteristiche comuni con tutti gli altri.

Abbattiamo pertanto la fluenza cognitiva inserendo nel nostro prodotto, messaggio, interfaccia, discorso elementi familiari al nostro interlocutore. Se siamo invece noi stessi che vogliamo introdurre un elemento di novità nella nostra routine quotidiana, proviamo ad utilizzare qualcosa che ci permetta di percepirlo come "nostro", disegnato su misura per noi...

 

Uno schema narrativo

 

Gli uomini hanno bisogno di dare una forma a tutte le esperienze che siano coerenti nel definire la loro identità. Per questo ricorrono alla narrazione ed al raccontare storie. Le storie portano con sé uno schema di fondo che definisce chi compie un’azione, cosa fa e soprattutto perchè lo fa.  Se in una qualsiasi attività riconosciamo un pattern, uno schema che sia coerente, abbiamo un perchè forte, siamo più propensi ad agire.


Inutile ribadire il potere di "vi racconto cosa ha fatto X per risolvere il problema", oppure il classico "facciamo un esempio..."

 

 

Verità

La percezione della verità da parte delle persone gioca un ruolo cruciale nel considerare seriamente le offerte di prodotti e servizi e, in definitiva, nei risultati delle decisioni. Quando abbiamo la sensazione che non ci sia un retropensiero, una minaccia dalla quale difenderci, un’insidia o un pericolo da scampare abbiamo una più bassa fluidità cognitiva che può aiutarci ad alleviare i dubbi e le ansie che precedono una decisione importante. Quando siamo trasparenti, lineari, "veri"  nella nostra comunicazione e nelle nostre azioni, il nostro interlocutore non potrà che sentirsi ancora di più a suo agio.

 

Se sembra semplice e fattibile, la nostra mente umana ci incoraggerà automaticamente a dare inizio ad un’azione, ad un’attività ad un nuovo percorso. Molte persone lo etichettano come intuizione. In realtà, è solo una valutazione soggettiva da dover controllare e modulare con estrema attenzione, perchè altrimenti si rischierebbe di finire, come suggeriva Einstein, come quel pesce che si crede stupido perchè si giudica solo in base alla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi. 

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